I noduli tiroidei rappresentano un problema di frequente riscontro nella pratica clinica.
Dai dati epidemiologici disponibili in letteratura appare evidente come la loro prevalenza nella popolazione generale vari notevolmente soprattutto in base ai diversi mezzi clinici o diagnostici utilizzati. Solo il 3-7% di queste lesioni viene infatti riscontrata alla palpazione, ma con l’avvento dell’utilizzo delle indagini ecografiche ad alta risoluzione, la percentuale delle nodularit. riscontrate, sia incidentalmente, sia sulla base di un sospetto clinico, salita al 20-76%. Questo ultimo dato appare in accordo con le statistiche riportate da rilievi autoptici.
L’incidenza della patologia nodulare tiroidea non, uniformemente distribuita nella popolazione generale, ma appare strettamente correlata ad alcuni fattori, quali il sesso femminile, l’età avanzata, la carenza iodica e una storia di precedente esposizione a radiazioni ionizzanti.
L’importanza clinica del riscontro di queste lesioni è primariamente correlata alla possibilità che queste rappresentino delle malignità primitive della ghiandola tiroide, dal momento che i noduli non neoplastici rimangono asintomatici nella maggioranza dei casi e solo pochi pazienti sviluppano, nel corso degli anni, segni e sintomi dovuti alla compressione locale o alla presenza di disfunzione ormonale, non necessitando dunque di alcun trattamento. E’ comunque importante sottolineare che la maggior parte dei noduli identificati sono di fatto benigni, con una distribuzione delle diagnosi che approssimativamente è rappresentata da cisti, noduli colloidi e esiti di tiroidite nell’80% dei casi, neoplasie follicolari benigne nel 10- 15% e carcinomi tiroidei solo nel 5% dei casi.
Sulla base dell’alta prevalenza di questa patologia, e della concomitante bassa incidenza di riscontro di lesioni maligne, appare evidente la necessità di sviluppare strategie per la valutazione e la diagnosi che permettano di evitare indagini invasive e trattamenti chirurgici non necessari senza però tralasciare di identificare i noduli con caratteristiche compatibili con un alto profilo di rischio.
Le lesioni tiroidee benigne costituiscono un vasto ed eterogeneo gruppo di disordini. Dal punto di vista istologico i noduli benigni sono definiti come lesioni capsulate (veri adenomi) o noduli adenomatosi, che non presentano capsula, e che soddisfano i criteri morfologici definiti dalla World Health Oraganization: assenza di invasione vascolare e capsulare, assenza di metastasi. Le presenza di queste lesioni rimane, nella maggioranza dei casi, riconducibile a tre principali diagnosi: gozzo multinodulare, tiroidite di Hashimoto e adenoma follicolare.
La più comune delle disendocrinopatie conosciute, è una malattia infiammatoria cronica su base autoimmunitaria. Nonostante rappresenti la più comune patologia autoimmunitaria, nonché la prima causa di ipotiroidismo, la sua eziologia rimane ancora oggi sconosciuta. Nella valutazione delle lesioni nodulari riscontrabili in questi pazienti, l’ assetto sierologico degli autoanticorpi, in particolare anti-Tireoglobulina e anti- Tireoperossidasi, espressi in più del 90% degli affetti, può fornire una indicazione verso la diagnosi di disendocrinopatia autoimmunitaria. Vi è l’ipotesi che l’infiammazione cronica possa agire facilitando il riarrangiamento genico (RET) che porterebbe infine allo sviluppo della malignità.
L’adenoma follicolare il più frequente tumore benigno della ghiandola tiroide, ed è classicamente definito come un nodulo singolo capsulato che cresce nel contesto di un parenchima ghiandolare normale e che non presenta segni di invasione capsulare e vascolare. Microscompicamente, gli adenomi, possono presentare un pattern macro o microfollicolare, trabecolare o misto.
Originano dalle cellule epiteliali follicolari, rappresentano la maggioranza delle lesioni maligne riscontrabili nella ghiandola tiroide. Di questi, l’istotipo papillare si riscontra nell”85% dei casi diagnosticati mentre in una una minore percentuale, circa il 12%, si osservano casi con istologia follicolare, sia classica che oncocitica.
È il meno frequente tra i tumori tiroidei, con un’incidenza di circa 1.6%
È un tumore che origina dalle cellule C parafollicolari secernenti calcitonina, e rappresenta circa il 2% di tutti i tumori tiroidei. Questo tumore si sviluppa principalmente in forma sporadica ma in un 20-30% dei casi può presentarsi ereditariamente, sia in forma familiare che nel contesto di sindromi da neoplasie endocrine multiple (MEN2A e MEN2B).